La resilienza del sistema agroalimentare porterà le imprese a valorizzare le risorse del territorio

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Valorizzazione del territorio, maggiore formazione, accorciare le filiere, aumentare gli stock delle materie prime. Questi gli aspetti di cui deve tenere conto il settore agroalimentare italiano

Ne abbiamo parlato, alla fiera di Ecomondo KeyEnergy, con il Dott. Massimo Iannetta, Presidente del Comitato tecnico scientifico di Cluster Agrifood Nazionale e Responsabile della Divisione “Biotecnologie e Agroindustria” di Enea.

Presidente si fa riferimento all’economia circolare come punto di riferimento per i sistemi agroalimentari alla luce, soprattutto, dell’incertezza dello scenario futuro. Quali sono le principali azioni che il sistema agroalimentare italiano deve mettere in atto per realizzare un circolo virtuoso?

Ormai ci sono diversi esempi virtuosi di pratiche di economia circolare che le imprese hanno avviato e i risultati esprimono grande soddisfazione. Il riscontro è assolutamente positivo in termini di sostenibilità sia ambientale che economica e sociale.

Abbiamo esempi di recupero, valorizzazione e chiusura dei cicli produttivi su contesti territoriali significativi che hanno creato valore aggiunto all’interno delle imprese e hanno creato un nuovo modello di business.

Dietro vi sono ricerca innovazione e formazione che sono gli asset anche del Cluster tecnologico agrifood nazionale che mette insieme il mondo della ricerca delle imprese e dei territori.

Proprio per sviluppare questo tipo di approccio abbiamo elaborato un position paper e abbiamo voluto evidenziare proprio qui ad ecomondo la necessità e l’ importanza di perseguire questi obiettivi nonostante l’incertezza che caratterizza questa fase storica.

La grande capacità di risposta e di resilienza del nostro sistema agroalimentare porterà alle imprese a valorizzare tutte le risorse presenti sul territorio.

Ridurre gli sprechi, valorizzare gli scarti e i sottoprodotti rappresentano sicuramente buoni punti di partenza e protagonisti di tali operazioni sono imprese e cittadini. Le nuove generazioni sembrano essere molto consapevoli e attivi in tal senso. Cosa occorre per far sì che tale cultura si diffonda e venga attuata maggiormente?

Occorre tantissima formazione il mondo accademico si sta attrezzando ma tutto deve partire molto prima dalle scuole secondarie e dalle scuole professionalizzanti e poi occorre una connessione forte tra il mondo della scienza e della società.

A livello europeo si stanno proponendo varie iniziative che fanno riferimento alla cosiddetta co-creation ossia la necessità di creare attraverso living Lab forum e piattaforme una prospettiva per fare crescere innovazioni e tecnologie per migliorare la sostenibilità.

A proposito di Unione Europea come valuta i risultati raggiunti fin ora e quanto il Piano Stragico Nazionale per la PAC può aiutare?

La maggior parte dei paesi europei hanno una loro strategia sulla bioeconomia. L’ Italia gioca un ruolo importante perché insieme a Germania, Francia e Spagna è tra i paesi leader in questo settore.

Il piano strategico nazionale italiano per la pac presentato a fine settembre è al vaglio dell’Unione Europea. Vi è stato un riposizionamento delle risorse all’interno del pilastro 2 dove tutte le azioni legate alla bioeconomia sono ampiamente valorizzate.

Vi è sempre di più la necessità di scegliere soluzioni che favoriscano produzioni agricole orientate a una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e transizione verso produzioni sostenibili. Ecco, Le volevo chiedere quale è il ruolo e quali sono le novità portate dalla tecnologia per lo sviluppo dei sistemi agro-alimentari sostenibili?

Noi siamo un grande paese di trasformatori abbiamo bisogno di materie prime. Negli anni abbiamo creduto fortemente nella globalizzazione e le filiere si sono allungate.

Quello che è successo nel corso degli ultimi due anni e mezzo ha rappresentato un punto di debolezza per le nostre filiere produttive quindi l’obiettivo è quello di accorciare queste filiere e di aumentare l’approvvigionamento delle materie prime di origine nazionale.

Questo significa per l’agricoltura recuperare un ruolo importante per la produzione e deve servire per andare in una direzione che a livello europeo deve portare a quel concetto di sovranità nazionale che è stato rappresentato anche dalla nuova dizione del ministero ma che mutua quello che già è stato fatto in Francia e che deve guardare ad un aumento degli stock delle commodities soprattutto di grano di mais e di soia perché con queste crisi continue e con un cambiamento climatico che costituisce una grandissima emergenza avere degli stock alimentari è fondamentale anche da un punto di vista geopolitico. Altri paesi, come la Cina, lo stanno facendo ed è importante che anche l’Unione Europea si muova in tal senso.

Il nuovo Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare si troverà ad affrontare varie tematiche importanti alcune con scadenza ravvicinata. Quale approccio, secondo Lei, deve avere il neo Ministro per difendere il settore agroalimentare italiano e continuare a cooperare con l’UE?

Gli interessi nazionali vanno di pari passo rispetto a quelli europei, certamente noi abbiamo un’identità riconosciuta in tutto il mondo.

Il made in Italy alimentare va difeso soprattutto per evitare che venga diluito da pratiche non regolari che erodono miliardi di budget per le nostre imprese

Dobbiamo difendere la nostra capacità di produrre qualità, di produrre identità con i territori. L’azienda sia agricola sia di trasformazione è sempre più legata al territorio e questo consente di creare quelle sinergie che sono fondamentali per garantire prodotti di qualità e sostenibili.

Simone Martino
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Simone Martino

Classe 1978. Giornalista pubblicista. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Scrive per Italianews.press su Economia Circolare e Sostenibilità.

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