Il mix di generazione elettrica, in linea con gli obiettivi comunitari, dovrà fare affidamento principalmente sulle fonti rinnovabili. In Italia, le più diffuse saranno l’eolico e il fotovoltaico secondo il nuovo Position Paper di Ref Laboratorio Ricerche
Transizione energetica e domanda elettrica
A partire da settembre dello scorso anno, si è parlato molto di energia. Certamente più di quanto sia avvenuto nel recente passato, quando il tema della Transizione energetica è uscito dall’ambito ristretto degli esperti o dei più informati per approdare sui media generalisti (social network inclusi). Infatti, i sostanziosi aumenti in bolletta iniziati prima dell’estate e, soprattutto, le conseguenze della guerra in Ucraina, non solo hanno reso l’energia un elemento di discussione diffusa, ma fatti come il mix energetico, le fonti alternative ai combustibili fossili e le future vie di approvvigionamento sono divenute drammaticamente attuali e urgenti.
Contingenze a parte, non bisogna dimenticare che è il clima la vera questione sul tavolo. Il Green Deal Europeo ha fissato degli obiettivi per tutta l’Unione, i quali devono essere poi recepiti dai singoli Paesi membri attraverso dei piani nazionali specifici. In questo senso, con lo scopo di raggiungere nel 2030 la riduzione del 55% delle emissioni e la neutralità climatica al 2050, l’Italia dovrà rivedere il percorso definito da un Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima il PNIEC, anche sulla base della “Strategia Italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra”.
Sebbene non siano ancora stati identificati puntualmente gli obiettivi settoriali per raggiungere i target definiti dal green deal europeo, rispondendo ad alcune interrogazioni parlamentari, i rappresentanti del Governo hanno dichiarato che entro il 2030 la quota di elettricità da rinnovabili dovrà raggiungere il 72%.
La “Strategia” italiana contiene invece indicazioni sugli obiettivi di più lungo termine (2050) e indica una quota di elettricità da rinnovabili compresa tra l’80% e il 100%. La differenza tra questi due scenari dipende essenzialmente dal profilo di domanda elettrica che verrà a delinearsi nei prossimi decenni. Infatti, l’analisi degli obiettivi climatici e del mix necessario per raggiungerli non può prescindere dagli scenari di evoluzione della domanda.

In prospettiva futura, due sono i fattori che maggiormente potranno modificare livello e profilo della domanda elettrica:
- l’incremento dell’efficienza energetica. Un utilizzo più efficiente dell’elettricità spinge infatti la domanda elettrica verso il basso;
- la maggior penetrazione del vettore elettrico come fonte energetica. Maggiori opportunità e frequenza di consumo si traducono in maggiore domanda. Il caso più noto è quello dell’elettrificazione della mobilità privata (autoveicoli), ma non si tratta dell’unico: le pompe di calore, per esempio, possono sostituire le caldaie alimentate a gas come strumento di riscaldamento degli edifici.
Entrambi gli scenari al 2050 presentati nella Strategia italiana prevedono che l’effetto della maggiore elettrificazione superi il risparmio conseguibile via efficienza energetica, risultando in una crescita sostanziale della domanda di energia elettrica nel nostro Paese.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che una maggiore elettrificazione generalizzata è ottenibile principalmente sostituendo l’energia elettrica al consumo diretto della fonte energetica primaria. Difatti, un aumento della domanda di energia elettrica non corrisponde necessariamente ad un aumento della domanda energetica totale: sostituendo metano per riscaldamento e cottura con elettricità è possibile sfruttare la maggiore efficienza di generatori di elettricità rispetto a quella della di caldaie a gas casalinghe.
Ciò determina una riduzione del consumo di gas e un aumento dell’elettrificazione, con un effetto netto caratterizzato da un risparmio energetico totale. In aggiunta a questo effetto, lo sfruttamento delle fonti rinnovabili in vista della riduzione del consumo di fonti fossili risulta in un impatto ambientale netto positivo.
Proprio a causa della maggior efficienza dell’energia elettrica rispetto alle fonti fossili dirette, le previsioni di domanda totale di energia sottendono una diminuzione della stessa, in linea con gli obiettivi Europei a lungo termine. Si precisa che questa diminuzione è legata al fatto che con “energia” si intende la sommatoria di tutte le sue forme, da quella elettrica al consumo diretto di gas naturale o biomassa legnosa. In un tale contesto, un processo pervasivo di elettrificazione viene preferito allo status quo per due ordini di motivi:
- in primo luogo, l’incremento di domanda dovrà essere colmato da fonti energetiche rinnovabili a basso impatto ambientale, condizione indispensabile al raggiungimento degli obiettivi comunitari sulle emissioni climalteranti
- in secondo luogo, la produzione di energia elettrica e il suo utilizzo diretto per riscaldamento, raffrescamento e trasporti è intrinsecamente più efficiente dell’utilizzo della fonte energetica primaria per finalità di riscaldamento (il gas metano) o trasporto (i combustibili fossili) per merito di un più efficiente processo produttivo. In altre parole, per produrre un 1 MWh di energia elettrica, utilizzato poi per riscaldamento o trasporto, si consuma minore energia di quella utilizzata per la produzione del medesimo MWh da parte di caldaie domestiche o motori endotermici.
Possibili scenari al 2050
Nella Strategia sono delineati due scenari di domanda elettrica al 2050 con un dettaglio settoriale. Il primo è denominato “scenario di riferimento” ottenuto trascinando al 2050 le indicazioni e le politiche contenute nel PNIEC, con un target di generazione elettrica da rinnovabili all’80%.
Il secondo, denominato “scenario di decarbonizzazione”, prevede invece una più profonda elettrificazione dei consumi e un ricorso all’idrogeno sia come combustibile per veicoli sia per lo stoccaggio dell’energia. A seconda che si parli di “scenario di decarbonizzazione a basso profilo” o di “scenario di decarbonizzazione ad alto profilo” i target per le rinnovabili sono rispettivamente del 95% o del 100% di incidenza rispetto alla generazione elettrica totale.
Oltre alle dinamiche macro e scenario, il fabbisogno elettrico rimane comunque una variabile influenzata dal clima. Allo stato tecnologico attuale, incrementi di temperatura hanno effetti di incremento della domanda di energia elettrica in estate e riduzione in inverno. Per questo, e per via dell’incertezza relativa al recepimento delle politiche future attese, lo scenario di decarbonizzazione al 2050 può essere declinato in un intervallo compreso fra un massimo e un minimo. Per semplicità, utilizzeremo come riferimento per lo scenario di decarbonizzazione un valore medio e un target di rinnovabili al 95%.
Quindi lo scenario al 2050 è basato sulle seguenti assunzioni:
- una domanda di 670 Twh, dei quali il 5% potrà ancora essere coperto con combustibili fossili (anche se allo stato attuale si dovrebbe prevedere il rinvio a oltre il 2025 per il phase out dal carbone, considerando la necessità di accelerare l’uscita dalla dipendenza di gas da Mosca);
- l’idroelettrico: è previsto un aumento marginale della generazione elettrica sia al 2030 che al 2050;
- si prevede un aumento del saldo import/export per il 2030, con una stabilizzazione nel lungo periodo: verrà qui mantenuto, in un’ottica prudenziale, un saldo immutato rispetto al 2030;
- viene mantenuto costante anche il livello di generazione da “altre Fonti di Energia Rinnovabile”, come suggeriscono il trend 2019-2030 e le prospettive di sviluppo per queste fonti;
- i 505,5 TWh rimanenti dovranno essere coperti da uno sviluppo sostenuto di solare ed eolico in tutte le loro declinazioni tecnologiche. Per questo scenario è confermato sino al 2050 il rapporto tra eolico e solare indicato da Terna e Snam per il 2030 (1,75 TWh:1 TWh in favore della produzione da energia solare).
Il risultato è un aumento di generazione di 14 volte per il solare (321,5 TWh) e di quasi 9 volte per l’eolico (184 TWh).
Come appare evidente osservando i due grafici, l’aumento di capacità al 2050 rischia di assumere dimensioni ingenti, la cui probabilità di realizzazione è legata a molteplici fattori, fra cui la capacità di attrarre le risorse finanziarie per supportare lo sviluppo prospettato, il supporto burocratico-amministrativo necessario e l’accettabilità, soprattutto locale, di un quantitativo molto elevato di impianti. Alcuni di questi fattori sono tipici del contesto italiano, della composizione morfologica del territorio e della percezione dei costi della transizione, e rischiano di trasformarsi in ostacoli insormontabili.


Si tratta di ragioni che rendono estremamente sfidanti gli obiettivi delineati negli scenari di transizione energetica. Dal lato della domanda e del fabbisogno è necessario attuare politiche immediate e decise, volte all’elettrificazione della società e dei consumi. Dal punto di vista dell’offerta è necessario accelerare l’installazione di nuova capacità di generazione da fonte rinnovabile: impianti eolici e fotovoltaici rappresenteranno gli asset energetici necessari per il nostro Paese, motivo per cui la costruzione di entrambi deve ricevere un chiaro impulso.
Gli ostacoli da superare
Purtroppo, il solo “agire” non è sufficiente. Occorre essere consapevoli che ci sono anche degli ostacoli da superare.
Uno riguarda certamente i costi e la reale convenienza economica delle fonti di energia rinnovabile. Secondo il rapporto Renewable Power Generation Costs 2020 pubblicato da IRENA, l’indicatore LCOE (Levelised Cost of Energy) di diverse fonti di energia rinnovabile ha da tempo raggiunto valori comparabili a quelli dei combustibili fossili più diffusi.Una delle tecnologie su cui l’Italia punta maggiormente per coprire il fabbisogno di elettricità dei prossimi lustri è il fotovoltaico, declinabile in fotovoltaico a terra (“utility-scale”, impianti generalmente di grandi dimensioni) e fotovoltaico residenziale e commerciale (impianti di dimensione più contenute, posizionati sul tetto degli edifici).
La tecnologia alla base è la stessa, e le componenti di costo sono per la maggior parte coincidenti. Nel nostro Paese, il LCOE per fotovoltaico utility-scale è sceso dell’82% in 10 anni, trainato dalle innovazioni sui moduli. Quindi, con le conoscenze tecnologiche disponibili, il fotovoltaico rappresenta, in potenza, la più grande fonte di energia ancora sfruttabile (considerando la rinuncia a ricorrere al nucleare). Una modellazione effettuata tramite un processo di machine learning e che utilizza dati storici sull’irraggiamento del territorio italiano e sulla sua morfologia indica che le possibilità di fotovoltaico a terra superano le necessità del mix energetico al 2050, con livelli di consumo di suolo tutto sommato accettabili.
Pure la crescita del fotovoltaico sui tetti ha spazi interessanti: mettendo in produzione solo il 2,5% delle superfici disponibili si potrebbe raggiungere il target di fotovoltaico al 2030.
L’eolico a terra è, ad oggi, la fonte di energia rinnovabile meno cara. Anch’essa ha beneficiato di un calo dei costi dei progetti italiani del 45% (decennio 2010-2020) i quali, in ragione del fatto che si tratta di una tecnologia “consolidata”, erano già bassi. Tale diminuzione è dovuta ad una combinazione di fattori: rotori dal diametro più grande, per esempio, permettono di diminuire la numerosità delle torri, riducendo allo stesso tempo la frequenza degli interventi di manutenzione, i quali vengono sempre più spesso effettuati anticipando i malfunzionamenti, grazie a software predittivi. Il fattore di capacità in questo caso è, forse ancor più che nel solare, legato alla qualità della risorsa disponibile (velocità e costanza del vento): a livello mondiale il rendimento è cresciuto mediamente dal 20% del 1983 al 36% del 2020, grazie alla migliorata capacità di individuare zone ad alto potenziale.
L’eolico off-shore potrebbe rappresentare una valida alternativa. Nel corso del 2021 sono state presentate al Ministero della Transizione Ecologica 64 manifestazioni di interesse per la realizzazione di impianti eolici offshore, principalmente al largo di Sicilia e Sardegna. Strutturalmente parlando, l’eolico offshore è più costoso dell’eolico onshore: sempre IRENA stima, questa volta a livello globale e non italiano, un LCOE medio ponderato di 0,084 $/KWh.
Difatti, più un impianto si trova al largo e più sono complicate le fasi di costruzione prima e manutenzione poi, in ragione dell’azione continua dell’acqua marina che rende necessari interventi più frequenti. Il lato opposto della medaglia è che il fattore di capacità di un impianto in mare è più elevato e continuo: l’assenza di ostacoli e rilievi come montagne o aree urbanizzate rende la risorsa più costante e affidabile.
Tuttavia, a fronte di evoluzioni tecnologiche promettenti e costi contenuti, vi sono altre due importanti criticità da considerare: la lunghezza e la tortuosità dei processi autorizzativi e le locali manifestazioni di contrarietà (sia delle comunità che dei politici che le amministrano), sintetizzabili con gli acronimi NIMBY e NIMTO, ovvero Not In My Back Yard “non nel mio giardino” e Not In My Terms of Office cioè “non durante il mio mandato elettorale”.
Come è emerso in questi ultimi mesi, la combinazione di questi fattori – burocrazia e opposizione – sta facendo rallentare in maniera preoccupante il necessario sviluppo delle FER nel nostro Paese. E ai molti dati facilmente reperibili sull’entità di questa frenata (i media proseguono nel darne notizia), si aggiungono le parole del ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani quando afferma che l’Italia ha 3 GW di impianti rinnovabili bloccati per l’impatto paesaggistico. E in questo quadro, la fonte rinnovabile più colpita è l’eolico a terra.
Un ultimo aspetto da tenere in considerazione è dato dal fatto che il mix energetico si fonda in maniera preponderante sull’apporto delle fonti di energia rinnovabile non programmabile, che come noto sono il solare e l’eolico: non avendo controllo sulla risorsa primaria (non potendo, cioè, controllare né prevedere con precisione quando l’energia sarà effettivamente prodotta e disponibile) queste fonti non sono in grado di garantire la continuità della produzione elettrica.
A differenza della situazione attuale, il profilo elettrico orario nel 2050 sarà caratterizzato da periodi di overgeneration e di undergeneration, comerisultato della elevata quota di generazione da fonti rinnovabili non programmabili. Saranno dunque necessari interventi per costituire sistemi di accumulo e stoccaggio, che dovranno contare sulla diffusione delle batterie e dell’idrogeno.
Il gas naturale, che ancora costituirà almeno il 5% del mix energetico nella produzione di energia elettrica, continuerà ad essere strategico, seppur in un ruolo differente da quello attuale: coprire le eventuali mancanze delle energie rinnovabili e dei sistemi di accumulo, data la possibilità di attivare e disattivare le centrali in breve tempo. Proprio in virtù del suo ruolo di asset strategico, sarà necessario ripensarne e regolamentarne la formazione del prezzo.