L’incessante crepitio della pioggia sintonizza su frequenze instabili il via vai di turisti e residenti, in preda ad una schizofrenia collettiva, tipica di Roma nei suoi periodi tempestosi. Questo il sentimento che si percepiva domenica 26 febbraio, in una serata in cui il candore lunare tentava con timidezza di illuminare il carattere eterno e maestoso dell’Urbe. Un carattere impossibile da comprendere in ogni sua sfumatura, se non si è attenti a fiutarne le sue imperscrutabili potenzialità, persino in una notte di violenta pioggia. Ci ha pensato l’Orchestra i Sedici, con la partecipazione di Marina Melaranci, a dare ancora una volta lustro, alla splendida cornice del centro storico.
E’ il tempo, nella sua forma antropologica e accademica più estesa la Storia, il vero giudice delle nostre azioni. E se per comprenderne a fondo gli insegnamenti è necessario sintonizzarsi sulle giuste frequenze, così la musica classica trova il suo ideale tempio in una ex Sagrestia della Chiesa di Campitelli (XVII-XVIII secolo), proprio accanto al Teatro Marcello: la Sala Baldini.
Ad oggi la Sala Baldini è gestita dall’associazione culturale il tempietto, una realtà che dagli anni ’70 si occupa di organizzare eventi culturali, mostre, concerti e saggi. Una grande istituzione per un grande ospite di respiro internazionale. Un ospite che ha donato un gran finale al mese di Febbraio, offrendo molto più della musica, ma un’identità ben precisa. Una personalità ben delineata, distante dall’idea profana che spesso prolifera nelle comuni discussioni tra amici.
L’Orchestra I Sedici è l’eccellenza della musica classica. Con il tempietto “torna a casa”.
L’orchestra I Sedici è stata fondata 30 anni fa dal Direttore d’orchestra italiano Luigi Sagrestano, con lo scopo di riunire i migliori musicisti di tutto il mondo. Proporre il meglio, non vuol dire solo offrire un’esperienza musicale incomparabile. E’ un lavoro duro e costante. Un progetto in grado di creare una sinergia, un confronto. Una nuova realtà figlia dell’individualità di ogni arco e voce. Un’esperienza mai uguale e in continua evoluzione.
Un progetto ambizioso che negli anni ha visto maturare il suo successo, offrendo ai palchi più importanti d’Europa, una presenza di musicisti di oltre 15 nazionalità. Ed è proprio l’unione di tante eccellenze così diverse, ma al contempo uguali, a rendere ogni concerto un’esperienza di vita.

Un viaggio in grado di riportare la mente indietro nel tempo. Una visione di un’epoca mai vissuta, ma sopita nella parte più profonda di noi. Impressa nel nostro DNA culturale. E a condurre il gioco, tirando le redini di questa meravigliosa carrozza, il direttore d’orchestra Bogdan Postolache.
Laureatosi all’accademia musicale di Bucarest, il direttore ha alle sue spalle la partecipazione ai più importanti festival musicali romeni e calcato numerosi palchi, tra cui Costanza e Istanbul. L’Orchestra I Sedici timbra sotto la sua direzione anche la città eterna, regalando una notte luminosa, nonostante la fredda e incessante pioggia.
Talmente luminosa da portare con sé, la stella più bella e talentuosa del teatro lirico internazionale: Marina Melaranci.
Dal Brasile all’Italia, una promessa tricolore pronta a spiccare il volo
Un attimo di silenzio. L’Orchestra I Sedici si ferma e il pubblico dopo un energico applauso rimane in attesa. Mozart ha aperto le danze con un irresistibile Divertimento in F major e ora solo il lento respiro dei presenti. Il leggero rumore di un chiavistello e una porta ai lati del palco si apre con decisione.
Marina Melaranci è un mezzosoprano italo-brasiliano. Esibitasi per la prima volta a 19 anni nel Teatro Claudio Santoro di Brasilia ha poi cantato come solista in notevoli palchi in giro per l’Europa, tra cui l’Oratoire du Louvre di Parigi, il Teatro Marcello e il Palais Royale di Bruxelles.
Se è vero che i luoghi (come le persone) ricordano i momenti più importanti di chi, volente o nolente, è stato protagonista della scena, allora questo è senz’altro il caso di Marina. Non è infatti la prima volta che la solista si esibisce nella Sala Baldini. Il tempietto sembra accoglierla in un caldo e fraterno abbraccio. Un affetto rimasto invariato tra le imponenti mura rinascimentali. I dipinti sul soffitto, il quadro alle spalle dell’orchestra, le lampade. Tutto l’ambiente vibrava all’unisono ad ogni strofa cantata.
Con un lungo vestito d’argento, rievoca quel candore difficile da intravedere in una piovosa notte di febbraio. Dona forza ma allo stesso tempo fragilità. E’ il potere straordinario del canto lirico. Trapassare l’animo attraverso inaspettate dicotomie che si fondono in un caleidoscopico viaggio di emozioni.
Una fragilità che la rende umana, giovane, semplice. Il ricordo della scintilla che fu, per diventare il fuoco che divampa e brucia il cuore. Il canto si fonde in perfetta armonia ed equilibrio con l’Orchestra I Sedici, con movimenti d’arco talvolta lenti, talvolta veloci. L’intensità assume toni acuti e gravi a più riprese, eseguiti magistralmente dalla cantante.

Marina Melaranci è molto più di una solista. Nel suo canto, si può percepire la vita, ogni battito del cuore. La sua identità più forte. Come ogni artista, in maniera indiretta, riesce a raccontare sé stessa, ad uso esclusivo di un udito più attento. E non è forse questo il punto in comune più forte con Roma?
Il mistero dei suoi viali, sanpietrini, botteghe e menestrelli. Una Roma ormai dimenticata, coccolata e custodita da pochi. Così Marina Melaranci riserva a pochi le gioie e il dolore della sua vita. Talmente forti da imprimersi in ogni nota, e toccare le corde più profonde dell’anima.
Un finale che strizza l’occhio alle origini
Se l’Orchestra I sedici rappresentano l’eccellenza per Roma, Marina ne è il suo diretto vanto. Una bandiera che dopo stasera, senza alcun dubbio, può sventolare con coraggio e determinazione in ogni palco. Un percorso iniziato anni fa che ha visto una ragazza, e oggi una giovane donna, padrona del suo presente e futuro.
L’orchestra conclude l’esibizione con Romanian Dances, una melodia tradizionale romena, omaggiando il paese di provenienza e i grandi successi del direttore Bogdan Postolache.
E così Marina omaggia la sua patria, sorride e commuove, regalando ai presenti il dono più bello che si possa ricevere: la scoperta.
La scoperta di un talento per i fortunati ignari della sua carriera. Di una commistione tra luogo e artista. Delle nostre origini, troppo spesso dimenticate e mutilate.
La scoperta dell’amore, per chi si abbandona alla cose belle della vita.
Solendido reportage!!! Marina lo meritava davvero.